27 set 2021
Le politiche di accoglienza continuano a rappresentare un tema su cui ogni giorno si dibatte, sotto tanti aspetti. Ma la successiva integrazione sociale ed economica di migranti e rifugiati resta la sfida da sostenere a lungo termine che coinvolge in prima linea i centri di accoglienza. Non a caso, l’aspetto che accomuna gran parte delle esperienze che si incontrano gestendo queste strutture è la consapevolezza che il lavoro sia uno degli aspetti decisivi su cui puntare per favorire l’integrazione. Al di là del valore strettamente economico, è chiaro che il lavoro innesca dinamiche positive sia a livello individuale che di comunità. Ed essere inserite in un contesto lavorativo, permette alle persone straniere di apprendere più velocemente la lingua, le abitudini, le regole del luogo in cui si trovano. Allo stesso tempo, si sa, il lavoro permette di rafforzare la fiducia in se stessi, di costruire un legame con la comunità e il territorio in cui ci si trova a vivere. Questo vale per i migranti per i quali l’accesso al mercato del lavoro risulta ancor di più complesso, considerato che alle difficoltà ordinarie si aggiungono ragioni di carattere burocratico e sociale tra cui il riconoscimento dei titoli di studio, le spesso scarse relazioni con la comunità ospitante e la conoscenza del contesto. E proprio per loro, per i migranti la formazione e la valorizzazione delle competenze sono il primo passo di un processo che, tuttavia, include questioni per le quali l’offerta di corsi di base può rivelarsi non sufficiente. Ecco che sovente si ricorre, a sostegno della necessaria formazione professionale, a creare possibili occasioni di inserimento lavorativo attraverso i partenariati, attivati dalle stesse strutture ospitanti o dalle organizzazioni che promuovono progetti specifici, con aziende e organizzazioni non-profit, per affiancare all’apprendimento teorico esperienze di applicazione pratica. E questo è il caso del centro di accoglienza SAI Niscemi MSNA Prog. 1661 -coordinato da Federica Anfuso e gestito dalle cooperative sociali ‘Opera Prossima’ e ‘San Francesco’- che, a dimostrazione di una buona politica di integrazione ed inclusione sociale svolta, è riuscito ad inserire nel mondo del lavoro tre ospiti migranti, ingaggiati con un regolare contratto presso alcune aziende agricole niscemesi dedite alla coltivazione e alla produzione di carciofi, nella Piana di Gela, sede ideale di rigogliosi carciofeti.
“La nostra -spiega l’educatrice Margherita Reale- è una struttura di seconda accoglienza per minori immigrati. Aperta a Niscemi nel 2017, oggi ci adoperiamo ad accogliere i nostri giovani ospiti migranti che, a partire dal loro arrivo qui, iniziano con noi a proseguire il loro percorso di vita, sostenuti da una valida equipe multidisciplinare. Tra gli obiettivi fondamentali che ci prefiggiamo vi sono quelli di promuovere l'integrazione nel territorio, non solo attraverso la partecipazione ad eventi promossi dalle associazioni locali, ma assicurando loro un giusto percorso formativo e lavorativo. Dopo aver appreso gli elementi base della lingua italiana, grazie all'alfabetizzazione e ai corsi attivati dal CPIA per gli ospiti è di fondamentale importanza avere la possibilità di lavorare. Per fortuna, qui… nel territorio di Niscemi, città meglio nota come ‘capitale del carciofo’… alcuni datori di lavoro ‘sensibili’ hanno creduto nelle potenzialità dei nostri ragazzi e hanno richiesto la loro manodopera, con regolare contratto di lavoro presso le loro aziende adibite appunto alla coltivazione del carciofo. E con grande soddisfazione di noi operatori -fa sapere Margherita Reale- che abbiamo attualmente tre i migranti ingaggiati con contratto lavorativo, condizione questa che gli ha permesso non soltanto di instaurare un legame di fiducia e di rispetto nei confronti del datore di lavoro, ma anche di apprendere nel contempo un mestiere che potrà essere utile nella loro vita futura. Nel sistema dell'accoglienza uno degli obiettivi fondamentali che si vuole raggiungere è proprio quello di fornire agli ospiti validi strumenti che li rendano capaci di affrontare in modo migliore la loro futura vita, una volta usciti dalla struttura”.